La guerra a Facebook sembra essere sempre più serrata: prima è arrivato Google +, il social della società di Mountain View, ma ora sta per sbarcare sul web Chime.in, il social che paga gli utenti. Funziona esattamente come i normalissimi social network di tutto il mondo, si crea un profilo personale, si aggiungono le foto e i video ma la differenza sta nel fatto che il tempo trascorso all’interno di questo social verrà pagato.
Un’idea nata alla UberMedia, che ha escogitato questo nuovo metodo per riuscire a rubare gli utenti ai social più blasonati come Twitter e Facebook.
Ma da dove arrivano i soldi che verranno dati agli utenti? L’azienda ha deciso di dividere i ricavi derivanti dai click dei banner pubblicitari con i propri utenti. Così arriva il ‘revenue sharing’, tipologia di marketing non sconosciuta al web. Sono diversi i siti web che usano già questo metodo, come YouTub che offre agli utenti che hanno caricato video molto cliccati la possibilità di condividere i ricavi pubblicitari.
Così Bill Gross, Ceo di UberMedia, spiega il loro progetto: “Il mondo intero si sta spostando verso il sociale e ogni transazione online è destinata a incorporare in sé un risvolto sociale.
La monetizzazione dei social media diventerà una grande opportunità per il futuro”. A sfruttare questa occasione potranno essere tutti i grandi brand internazionali e non che non sono riusciti a pieno a sfruttare economicamente il gran numero di fan che hanno su Facebook o su Twitter. Si potranno sfruttare gli spazi pubblicitari presenti sulla bacheca o promuovere le proprie offerte .
Nel primo caso il brand terrà per se intero ricavo pubblicitario, mentre nel secondo caso dividerà con Ubermedia gli introiti degli spot. Secondo Gross “celebrità, case cinematografiche, show televisivi e case editrici avranno interesse a creare proprie pagine sulla nostra piattaforma. Infatti a differenza di quello che accade su Facebook, essi finalmente potranno monetizzare i propri contenuti”.
Vedremo se questo nuovo metodo riuscirà a conquistare gli utenti.
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