E’ una rivoluzione silenziosa e per il momento anche indolore, ma pur sempre una rivoluzione. Perché dal 6 marzo scorso il Market Android ha cambiato nome: d’ora in poi sarà battezzato Google Play ed è diventato anche più ampio.
Così la piattaforma del robottino verde per la vendita di applicazioni si è allargata, lasciando spazio anche alla vendita di musica, libri e film, caricando direttamente del Market, o meglio dal Play anche Google Music, Google Books e Google Videos.
All’atto pratico si tratta soprattutto di avere tutto a portata di mano, riunendo vari servizi in uno solo. Ma il progetto di Google è quello di ampliare la concorrenza all’iTunes Store di Apple, invogliando così i suoi fruitori a scaricare più applicazioni e quant’altro possa offrire. Proprio per questo sembra sia prevista anche una maggiore interazione con il servizio Cloud.
I contenuti acquistati dall’utente saranno sempre disponibili, indipendentemente dal fatto che il dispositivo utilizzato sia un pc, un tablet o uno smartphone Android, tutti così collegati in ‘remoto’ remoto al di Google. Chi li utilizzerà però dovrà usare lo stesso account su tutti gli apparecchi con i quali vorrà collegarsi.
Lo spazio gratuito a disposizione permette di salvare circa 450 app e 20 mila brani musicali. E chi abbia già acquistato applicazioni o quant’altro sulle piattaforme singole dopo il cambio troverà i suoi file già integrati nella nuova piattaforma. Stesso discorso per Google+: i contenuti acquistati su Google Play saranno condivisibili anche qui senza problemi.
Notizie negative giugono però da uno dei più importanti sviluppatori di giochi per smartphone, la Mika Mobile, nota per giochi come ‘Battleheart’ e ‘Zombieville’ ha deciso di abbandonare la piattaforma di Google. La motivazione che la società ha spiegato come economica sembrebbe infatti che sviluppare per Android costerebbe troppo ma rebderebbe poco. La società infatti dichiara: “Abbiamo speso più o meno il 20% delle nostre risorse lo scorso anno lavorando su giochi portatili per Android, mentre avremmo preferito utilizzare quel tempo per creare nuovi contenuti. Invece abbiamo fatto migliaia di test hardware, perché questo è il prezzo da pagare per offrire le nostre app su Android. Ma le vendite su Android rappresentano il 5% dei ricavati annuali e continuano a calare. E questo rapporto è insostenibile”.
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