Nel lontano 2007, al lancio di PlayStation 3, un gioco si è distinto tra gli altri per la sua componente multiplayer, parlo di Warhawk, sparatutto a tema spaziale che consentiva folli partite fino ad un massimo di 32 giocatori. Ora è arrivato il seguito di Warhawk prodotto dal team LightBox che lo ha lanciato sul mercato con il nome di Starhawk. Analizziamolo. La campagna, della durata complessiva di circa cinque, sei ore, ci porta nello spazio durante la corsa all’Oro Blu, con evidenti rimandi alla febbre dell’oro, alla Frontiera, in piena atmosfera western.
In questo scenario polveroso e bruciato dal sole interpreteremo Emmet, mezzo sangue devastato da una vistosa cicatrice blu pulsante e con un vissuto pieno di lutti e dolori, in lotta con la sua nemesi decisa a conquistare il sistema. Solo che non c’è un ranch da proteggere o una cittadina da liberare dalle scorrerie dei fuori legge, bensì installazioni minerarie sugli asteroidi e fabbriche da difendere, sino ai momenti finali dove si passa con disinvoltura dal più classico degli assedi alla Alamo. Il supporto per 32 giocatori, la meticolosa attenzione per il level design delle mappe, il serrato divertimento delle partite giocate sui server, testimoniano che l’habitat naturale del prodotto è la Rete, ed il focus del team di sviluppo è sempre stato quello di ottenere un ottimo sparatutto online.
Per non scontentare nessuno e giustificare il prezzo, Starhawk propone tuttavia una modalità single player, perfetta per introdurre agli utenti le meccaniche e fare in modo che si prenda confidenza con le molte variabili da considerare in una partita. Molto difficile è definire in poche parole il gameplay di StarHawk, ci troviamo di fronte ad un gioco che prova a mischiare insieme vari generi ma indubbiamente si tratta di un titolo che può incuriosire.