E’ uno dei casi di cronaca più scottanti di questi giorni, oltre che un grande problema per tutti gli italiani, il tilt che sta coinvolgendo tutti gli uffici postali da una settimana a questa parte.
Code su code, terminali bloccati e gli utenti che stanno iniziando a odiare il nuovo software di Poste Italiane.
Ma quali sono le contromosse della società per risolvere questo problema tecnologico che sta creando questo disservizio?
In apparenza sta collaborando con IBM per risolvere il disservizio che a quanto pare non riguarda solo l’aggiornamento del software ma di un vero e proprio guasto al sistema operativo del mainframe. Ma in realtà Poste Italiane sta anche seriamente valutando l’ipotesi di denunciare la stessa IBM, ritenuta responsabile dei problemi tecnici che stanno paralizzando gli uffici postali.
Il tutto è iniziato quando si è deciso di abbandonare un software ormai considerato obsoleto per passare ad una più evoluta e aggiornata soluzione IBM ma qualcosa non è andato come doveva e da una settimana i clienti sono obbligati a rimandare le operazioni.
Massimo Sarmi, numero uno delle Poste, ha dichiarato al ‘Sole 24 Ore’: “Ora siamo al 70-80% della capacità dei nostri sportelli e stiamo lavorando sodo per risolvere questo problema al massimo entro due giorni. Risarcire i consumatori? Abbiamo anticipato il tavolo di conciliazione, valuteremo caso per caso”. Facendo poi chiarezza sui problemi che hanno colpito il sistema “non si è trattato tanto di un problema di aggiornamento del software, come si pensava ieri o comunque non solo, quanto di un guasto al sistema operativo del mainframe, il Vtam (Virtual telecommunications access method), che gestisce tutte le 60mila postazioni della rete di Poste”.
Le Poste, almeno a parole, sono vicine ai loro clienti: “Il danno arrecato ai consumatori è oggettivo e sicuramente i danni li chiederemo a IBM anche se in queste ore stiamo veramente lavorando gomito a gomito con i loro tecnici venuti dagli Stati Uniti. Ora la nostra urgenza è far ritornare il sistema al top nel minor tempo possibile”. Ma le Associazioni di Consumatori presenti sul territorio nazionale stanno già pensando ad una class action comune per far valere i loro diritti.
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